L’attrice e regista di Montreal ha aperto il denso programma delle masterclass alle Giornate degli Autori. Un articolo di Francesco Bonfatti

«You go on a war», sono le parole con cui Monia Chokri nella prima delle quattro masterclass previste alle Giornate degli Autori, ha definito l’esperienza alla regia. Un tipo di dedizione che ha ereditato da Xavier Dolan, all’epoca de Gli amori immaginari.

Alla Casa degli Autori, il 31 agosto, il clima di sala Laguna, affollata dagli studenti del CSC, si è animato al momento dell’arrivo di Chokri. A salire sul palco, insieme a lei, una giornalista dal passo svelto, Ilaria Ravarino, pronta a intervistare l’attrice e regista.

Chokri ha studiato a Montreal e, di fronte agli studenti, si è raccontata come un’universitaria tutt’altro che esemplare, «a little rebel», una che spesso ha evitato di frequentare corsi che non le interessavano, anche se obbligatori. Questo aneddoto si è rivelato utile per stemperare l’aspettativa costruita sul rapporto tra istruzione e professionalità, per incoraggiare gli studenti a non lasciarsi intimidire dai risultati universitari.

La stessa Chokri non credeva alla possibilità di dirigere un film. Essere una regista era «come diventare un’astronauta». Poi, con il tempo trascorso sui set e l’accumulo di esperienze, le idee che aveva in mente sin da studente, hanno iniziato a prendere una forma sempre più concreta.

Sollecitata dalle domande di Ravarino, Chokri ha confessato di preferire la regia alla recitazione perché quest’ultima le ha infuso un certo stress.

Successivamente, l’incontro si è focalizzato sugli aspetti più specifici della vita lavorativa della regista, dalle difficoltà di girare il suo film più recente, durante la pandemia, fino ai momenti di gloria, come la selezione al Festival di Cannes.

Su questo traguardo Chokri non ha nascosto la propria gioia, sottolineando però quanto la vita professionale di una regista sia sottoposta a tanti giudizi, troppi per farsene condizionare. La chiave di questo lavoro, ha proseguito, sta invece nella relazione con il team. Nel riuscire a non farsi abbagliare dalla celebrità per mantenere un rapporto di comunicazione costruttivo e onesto con le persone che ti affiancano.