I film delle Notti Veneziane

Torna la finestra annuale dedicata al cinema italiano d’autore con la sezione off Notti Veneziane, realizzata dalle Giornate degli Autori in accordo con Isola Edipo, che restituisce uno sguardo in presa diretta sugli immaginari che animano la produzione audiovisiva contemporanea del nostro paese.

Quest’anno il filo che ci conduce all’interno della selezione, composta da 8 titoli di cui 5 film documentari e 3 film di finzione, è costituito dal rapporto con il tempo come elemento che genera una tensione narrativa all’interno delle storie in cui ci immergiamo.

A fronte di un’epoca frammentata e dalla velocità inaudita, ritroviamo al centro della riflessione cinematografica che qui presentiamo la necessità di riappropriarsi del tempo come luogo organico e indispensabile di storie personali e storie collettive. Uno spazio ritrovato che diventa politico nella misura in cui restituisce a chi se ne riappropria: possibilità di elaborazione, di crescita, di transizione, di conoscenza, di resistenza, di incontro e comprensione.

A partire dal film di apertura, L’invenzione della neve di Vittorio Moroni – con la rivelazione di quest’anno: la bravissima Elena Gigliotti accanto a un consolidato Alessandro Averone –, il tempo costituisce una trama scomposta di possibilità che avvicinano o mettono distanza tra i personaggi e i loro desideri e le loro responsabilità sullo sfondo di un quadro familiare attraversato da amori, tensioni erotiche, genitorialità faticose, contraddizioni e conflitti irrisolvibili.

Continuando con il lavoro della regista più giovane della selezione, Irene Dorigotti, che con il suo Across, come in un romanzo di formazione, ci rende partecipi di una crisi di natura esistenziale a fronte del ritrovamento di un tesoro antico di sonorità e fotogrammi provenienti dai viaggi realizzati nei meandri più reconditi del mondo dal proprio nonno, fondatore della prima agenzia di viaggio italiana. Riconnettendosi alle memorie di famiglia, che in qualche modo sono le memorie delle culture del mondo, Dorigotti attraversa una profonda crisi spirituale che la porta a mettere in discussione la propria fede pure se granitica.

Il tempo è detonatore narrativo per un’altra delle registe presenti quest’anno alle Notti: Chloé Barreau che in Frammenti di un percorso amoroso realizza un peculiare autoritratto più che sentimentale, attraverso la raccolta delle molte e composite testimonianze da parte dei variegati amori della sua vita – dagli adolescenziali fino agli attuali – recuperando un’interezza e un’organicità che solo i sentimenti di chi ci ha amate e amati possono darci.

Siamo portati in un’altra immersione, verticale, nel tempo della Storia, da Semidei di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta in cui mito, archeologia sottomarina, arte riemersa, primato storico, umanità locale, si raccolgono nel rapsodico sorprendente rievocare il ritrovamento miracoloso di due statue ultra bimillenarie detti Bronzi di Riace, avvenuto 40 anni fa nel Tirreno sud-calabrese.

Altri luoghi perno del tempo che scorre: Adriano Valerio in Casablanca racconta la storia della forse impossibile relazione tra un uomo marocchino e una donna italiana vissuta ai margini della realtà per quasi dieci anni, restituendo con il cadenzato tempo del suo sguardo parvenza di continuità alla frammentazione dolorosa che sostanzia e attraversa la vita dei due protagonisti.

Il tempo attraversa anche la finzione nel film di Alessandro Roia, Con la grazia di un Dio, in cui Tommaso Ragno, protagonista nel ruolo di un uomo fuggito dal suo passato, deve tornare nella dedalica e misteriosa Genova, sua città di origine, causa la morte forse sospetta dell’amico di gioventù le cui ultime ambigue tracce di vita sono da cogliere soprattutto dai racconti della fidanzata, interpretata dalla sempre bravissima Maya Sansa.

La riconnessione con le origini in un rapporto di continuità tra presente e passato è centrale anche in Anna di Marco Amenta ove la protagonista, una ferina ed espressiva Rose Aste, vera scoperta interpretativa, si muove con sensuale furore per ribellarsi alle rigidità tipiche di una comunità pastorale dell’entroterra sardo, nel tentativo faticosissimo di proteggere i confini dei propri terreni appellandosi a consuetudini ancestrali di rapporti umani attaccati da speculazioni e accordi prepotenti.

A chiudere il cerchio del tempo è il dialogo nudo e leggero realizzato da Annalena Benini e Francesco Piccolo con la poetessa Patrizia Cavalli in Le mie poesie non cambieranno il mondo. In uno scambio mai contraffatto e dove le mediazioni stanno quasi a zero, Patrizia Cavalli ci porta a pie pari in un tempo di vita che si espande nello spazio della poesia e ci restituisce la possibilità dell’eternità.