Le Giornate degli Autori rilanciano questo testo, già condiviso dalla comunità internazionale a Cannes, aggiornato alla luce della drammatica evoluzione della situazione in Palestina

Festival dopo festival, il numero delle persone uccise non smette di crescere.
A Cannes, eravamo più di mille, provenienti da tutto il mondo, a sottoscrivere una dichiarazione che esprimeva il nostro dolore e la nostra rabbia per il bombardamento e l’uccisione mirata di Fatma Hassona e della sua famiglia da parte dell’esercito israeliano.
Da allora la violenza non si è mai fermata. Awdah Hateleen, attivista per la pace, insegnante e collaboratore del documentario Premio Oscar No Other Land, è stato ucciso da un colono a Umm Al-Khair.
Da allora Israele ha preso di mira e ucciso una delle ultime troupe di giornalisti presente a Gaza: Anas Al-Sharif e 5 colleghi di Al-Jazeera. Più di 250 giornalisti sono stati uccisi a partire dal terribile massacro del 7 ottobre 2023.
Da allora il numero di civili uccisi dall’esercito israeliano, dalla fame, dai coloni e nelle prigioni non cessa di crescere. Sono più di 150mila i palestinesi feriti dall’ottobre 2023.
A Gaza ogni persona è un bersaglio.
In quanto artiste e artisti, operatrici e operatori del mondo della cultura, non possiamo rimanere in silenzio mentre a Gaza è in corso un genocidio ed ogni giorno notizie indicibili colpiscono duramente le nostre comunità.
Che senso ha la nostra professione se non quello di trarre insegnamenti dalla storia, di realizzare film impegnati, se non siamo presenti per proteggere le voci inascoltate, oppresse?
Rifiutiamo di permettere che l’arte sia complice dell’orrore.
Bisogna reagire.
Bisogna chiamare le cose con il loro nome.
Abbiamo l’obbligo di guardare e raccontare la realtà in maniera collettiva, con precisione e  sensibilità, affinché non possa più essere nascosta.
Dobbiamo rifiutare la propaganda che colonizza costantemente la nostra immaginazione e ci fa perdere il senso dell’umanità.
Siamo numerose/i e siamo ovunque. Siamo a Venezia e tutti i riflettori sono puntati su di noi.
Abbiamo il dovere di riflettere il cambiamento che ci viene chiesto. Dobbiamo misurare la nostra responsabilità nel dare voce alle storie e alle voci di tutti coloro che muoiono nell’indifferenza.
Per Fatma, per Awdah, per Anas, per tutti i bambini, le donne, gli anziani, i giornalisti e i medici, i civili.
Il cinema ha il dovere di essere cassa di risonanza del loro messaggio, di riflettere le nostre società.
Agiamo prima che sia troppo tardi. Da Venezia a Gaza, dobbiamo usare il nostro potere, ogni giorno, ogni ora, ad ogni respiro. Dobbiamo usare ogni palcoscenico, ogni occasione per chiedere la fine del genocidio in atto.